Caro dott. Granzotto,
anzitutto la ringrazio di aver pubblicato nella sua rubrica il mio intervento sulla discussione relativa al rientro dell’Italia nel nucleare. Oggi è quanto mai opportuno esporre posizioni diverse in modo civile ed educato. Nessuno ha la verità in tasca, e tutti possiamo imparare da un confronto sui fatti.
In un certo senso è vero che, come Lei ha scritto, <è più pericoloso acquistare il petrolio che l’uranio>, poiché l’uranio si può acquistare da Paesi più attendibili di quelli che ci forniscono i combustibili fossili. E’ vero cioè che il ritorno al nucleare ci permetterebbe di diversificare le fonti di energia, non però di fare neppure un passo verso l’indipendenza energetica. Infatti, se è vero che l’Italia deve importare quasi tutto il petrolio, il metano e il carbone che consuma, è anche vero che dovrebbe importare tutto l’uranio necessario a far funzionare le centrali. L’unica risorsa energetica abbondante che l’Italia ha è l’energia solare e se vogliamo muoverci nella direzione dell’indipendenza energetica dobbiamo sviluppare l’uso di questa fonte, abbondante ed inesauribile, con tutto l’impegno possibile.
Provo ora a spiegarle, come mi ha chiesto, perché la Francia, pur avendo 58 centrali nucleari, importa energia elettrica e al tempo stesso, come Lei giustamente sottolinea, la esporta anche in Italia. La Francia molti anni fa si è gettata a capofitto nello sviluppo del nucleare, anche per dotarsi di bombe nucleari. Si è illusa di poter produrre energia elettrica dal nucleare in quantità tali da soddisfare non solo tutti i normali consumi elettrici (illuminazione, elettrodomestici, ecc.), ma anche bisogni quali il riscaldamento dell’acqua e degli edifici che da noi vengono soddisfatti, in modo più efficiente, con altre fonti di energia (ad es., metano). Le centrali nucleari devono funzionare a ritmo costante, cioè produrre sempre la stessa quantità di energia, giorno e notte. Per far fronte agli alti consumi del giorno, la Francia deve produrre molta energia anche di notte, quando ne usa poca. Ecco perché è in un certo senso costretta ad esportare energia di notte, e lo può fare solo a prezzi relativamente bassi: l’Italia e anche altri Paesi l’acquistano, ad esempio per <ricaricare> le riserve idroelettriche. In Francia ultimamente è accaduto che alcune centrali sano ferme per guasti tecnici (anche perché vecchie) e altre non possano funzionare per la scarsità di acqua di raffreddamento. Quindi di giorno la Francia non ha sufficiente energia elettrica per coprire il suo alto fabbisogno, ed è costretta ad importarla, anche dall’Italia che ha un eccesso di capacità produttiva di energia elettrica mediante centrali a gas. Attualmente, come nota l’articolo di Le Monde del 17 novembre, è più la quantità di energia elettrica che la Francia importa di giorno di quella che esporta di notte. Ecco spiegato l’arcano.