Il campo delle energie rinnovabili, tutte derivate dal Sole, sta vivendo un
periodo turbolento. Da alcuni anni finalmente ci si sta rivolgendo al calore
e alla radiazione solare e alla forza del vento per ottenere energia,
soprattutto energia elettrica, in forma meno inquinante e utilizzando forze
che ritornano disponibili continuamente, rinnovabili, legate ai grandi cicli
della natura. Il loro successo è stato finora in gran parte possibile grazie
a consistenti contributi pubblici che hanno coperto la differenza fra il
costo di produzione dell’elettricità, maggiore nel caso del Sole e del
vento, rispetto al costo di produzione nelle centrali termoelettriche
alimentate con fonti fossili, e al “prezzo unitario nazionale” dell’elettricità
che si aggira intorno a circa 6 centesimi di euro al chilowattora (anche se
a casa nostra la paghiamo oltre il doppio).
Il sistema degli incentivi ha fatto si che, usando fonti energetiche
rinnovabili, non solo si compie una azione positiva ambientale (meno
inquinamenti, meno emissioni di gas che alterano il clima, minori
importazioni di fonti fossili), ma ci si guadagna anche a livello di
famiglie, di comuni, di chi affitta lo spazio per installare pannelli
fotovoltaici e torri eoliche, di chi vende pannelli e centrali eoliche, in
tanti insomma.
Una situazione fragile, tanto è vero che, alla notizia che forse gli
incentivi pubblici diminuiranno o scompariranno, per motivi di economia
nazionale, in molti sono terrorizzati davanti al rischio di veder sfumare
tanti buoni affari; in alcuni casi, infatti, a quanto pare, i soldi pubblici
sono serviti non solo a produrre energia pulita, ma anche a produrre soldi
privati. In queste condizioni è il caso di riesaminare criticamente se e
come è conveniente coprire i campi e i tetti di pannelli fotovoltaici, nel
quadro di un’economia nazionale che sia seriamente interessata a liberarsi
dalla schiavitù del petrolio e dai rischi di un possibile, anche se speriamo
improbabile, nucleare.
La radiazione solare e la forza del vento sono importanti ma scomode; mentre
si sa esattamente quanti chilowattora di elettricità si produce per ogni
chilo di carbone o petrolio o gas bruciato in una centrale termoelettrica,
quando ci si alza la mattina non si sa esattamente quanta elettricità sarà
prodotta da una pannello fotovoltaico o da un motore a vento. Nel caso dell’energia
solare l’intensità della radiazione solare che raggiunge la superficie dei
continenti alle nostre latitudini si aggira intorno a 1.000 chilowattore all’anno
per metro quadrato, con una media di circa 3 chilowattore al giorno per
metro quadrato. La radiazione elettromagnetica solare si presenta in un
campo di lunghezze d’onda che vanno dalla parte ultravioletta (circa 10 %
del totale), a quella visibile, dal blu al rosso (circa 70 %) alla parte
infrarossa (circa 30 % del totale).
Le celle fotovoltaiche attuali trasformano in elettricità principalmente la
radiazione visibile la cui intensità per metro quadrato varia di ora in ora
e di giorno in giorno, a seconda del grado di nuvolosità e dell’altezza del
Sole rispetto all’orizzonte. La mattina e la sera, infatti, la radiazione
arriva sulla superficie di un pannello dopo aver attraversato uno strato
dell’atmosfera maggiore, rispetto a quando il Sole è verticale (o quasi) e
il passaggio attraverso l’atmosfera assorbe una parte della radiazione in
arrivo. La radiazione raccolta da un pannello dipende perciò dal suo
orientamento rispetto al cammino “apparente” del Sole nel cielo, variabile
di giorno in giorno; per questo alcuni pannelli sono dotati di un sistema di
orientamento variabile che peraltro complica l’impianto.
Dal punto di vista commerciale i pannelli fotovoltaici sono venduti sulla
base della “potenza di picco”, in chilowatt, corrispondente alla quantità di
chilowattora di elettricità che un pannello è in grado di fornire nell’ora
centrale della giornata in giugno. Un pannello della potenza di picco di un
chilowatt ha una superficie di circa 10 metri quadrati e fornisce, durante l’intero
anno da 1000 a 1400 chilowattore di elettricità. Per sapere quanta
elettricità sarà possibile ottenere effettivamente bisogna (bisognerebbe)
misurare esattamente, nell’intero anno, l’intensità della radiazione solare
nel luogo di installazione.
Il più antico strumento di misura dell’energia solare fu inventato nel 1855
dall’inglese J.F. Campbell (1822-1885) ed era costituito da una sfera di
vetro; già i fisici greci e arabi avevano scoperto che la radiazione solare
che attraversa una sfera trasparente si concentra in un punto che si trova
sotto la sfera ad una distanza di circa il 10 % del diametro e usavano
queste “sfere ustorie” per accendere il fuoco; la distanza esatta del
“fuoco” era stata calcolata dal matematico arabo Ibn al-Haytham intorno all’anno mille.
Nell’eliofanografo di Campbell, perfezionato nel 1885 dal fisico
George Stokes (1819-1903), al di sotto della sfera viene posta una striscia
di carta che registra una bruciatura nelle varie ore del giorno quando
splende il Sole; si ottiene così il numero di ore di insolazione in ciascun
giorno di osservazione.
Al posto di questa misura empirica si usano solarimetri e piroeliometri nei
quali l’estremità di una lamina costituita dalla saldatura di due metalli è
esposta orizzontalmente al Sole; per l’effetto termoelettrico si forma una
corrente elettrica proporzionale all’intensità della radiazione solare,
strumenti di questo tipo portano i nomi di inventori o di fabbricanti, come
l’olandese W.J.H. Moll (1876-1947), il polacco L. Gorczynski, i laboratori
americani Eppley; vengono usati anche strumenti nei quali l’intensità della
radiazione solare è misurata, in modo accurato con celle fotovoltaiche. Una
rassegna di tali strumenti di misura, comparati, è stata pubblicata nel
numero di maggio 2010 della rivista mensile “Photon”.
La conoscenza dell’effettiva intensità della radiazione solare non è un
esercizio accademico, ma uno strumento che chi acquista dei pannelli solari
farebbe bene a utilizzare prima di scegliere la localizzazione per evitare
delusioni. I solarimetri sono di grande importanza anche in ecologia agraria
per la misura della correlazione fra l’intensità della radiazione solare e i
rendimenti delle coltivazioni.
Giorgio Nebbia nebbia@quipo.it
La Gazzetta del Mezzogiorno (Bari), martedì 29 giugno 2010